Negli ultimi tempi la musica indiana sta spopolando sempre più, ed il protagonista indiscusso per realizzarla è il sitar, uno strumento che viene apprezzato non solo per l’unicità del suo suono, ma anche per la sua versatilità.

E’ uno strumento molto antico ed il nome probabilmente deriva dal persiano “ Seh.tar”, che letteralmente tradotto, significa tre corde.

Il sitar è un dispositivo molto comune immancabilmente usato per realizzare musica classica indiana, spesso viene chiamato anche chitarra indiana, anche se per essere più precisi assomiglia molto di più ad un liuto.

La sua grande caratteristica è che la cassa armonica di forma arrotondata è ricavata da una zucca vuota, sezionata longitudinalmente e ricoperta da un leggero strato di legno, che funge da tavola armonica.

Termina con un lungo e largo manico sul quale trovano i ponti in osso di corna di cervo o di bufalo che reggono le sette corde superiori, che sono anche le principali, ed undici inferiori dette simpatiche, tre servono per la melodia, mentre le altre fanno da accompagnamento.

Solitamente il musicista preferisce sedere a terra nella posizione Ardha Gomuckh Aasana e suona con uno speciale plettro chiamato “Mizrab”, portato all’indice della mano destra ed utilizzato per toccare le corde.

In commercio è possibile reperire diversi modelli di sitar, tra cui anche quello elettrico, dalla forma molto simile al nostro tipo di chitarra elettrica, ma in grado di imitare molto bene il suono del sitar tradizionale indiano.

E’ molto più semplice da suonare, grazie alla presenza della tastiera e dell’accordatura come quella di una chitarra, la possibilità di riprodurre un suono molto simile è dato dalla presenza di un ponte piatto, che trasmette il classico ronzio alle corde. Se siete interessati al mondo della musica, vi consigliamo il sito del sassofonista italiano Massimo Giacchetti, uno dei più apprezzati sassofonisti italiani.